Diritti dei lavoratori e mondiali 2034: un connubio inaccettabile

Scopri il dramma dei lavoratori in Arabia Saudita in vista dei Mondiali 2034, secondo HRW.

I Mondiali del 2034, assegnati all’Arabia Saudita, non possono essere realizzati «sulle spalle dei lavoratori morti». È questo l’allarme lanciato da Human Rights Watch (HRW) in un rapporto scioccante, pubblicato di recente, che solleva interrogativi inquietanti sulle condizioni di lavoro nel Regno. In un contesto dove il calcio dovrebbe rappresentare unione e gioia, emerge un quadro drammatico di violazioni dei diritti umani che non possiamo ignorare. HRW ha intervistato 31 famiglie di lavoratori, molti dei quali provenienti da paesi come Bangladesh, India e Nepal, la cui vita è stata spezzata nei cantieri dei «megaprogetti» legati ai Mondiali.

Il dramma dei lavoratori immigrati

La situazione è allarmante: secondo il rapporto, molti di questi operai hanno perso la vita in incidenti sul lavoro che avrebbero potuto essere evitati. Purtroppo, la maggior parte di questi decessi non viene nemmeno classificata come incidenti sul lavoro, privando così le famiglie di qualsiasi forma di risarcimento. Immaginate di trovarvi in una condizione simile: un familiare che lavora duramente e improvvisamente non torna più a casa. Il processo per ottenere un risarcimento è descritto come lungo e complesso, quasi come se volessero scoraggiare i familiari dal far valere i propri diritti. Come riporta HRW, ci sono stati casi di folgorazioni, decapitazioni e schiacciamenti: un ambiente di lavoro davvero terrificante.

Le condizioni di lavoro in Arabia Saudita

Le condizioni in cui operano questi lavoratori sono spaventose. Sono esposti a temperature estreme, polvere e sabbia, mentre le leggi esistenti in materia di sicurezza sul lavoro vengono sistematicamente ignorate. Ma non è solo una questione di sicurezza fisica: in Arabia Saudita manca completamente la libertà di espressione e sindacale, il che complica ulteriormente la situazione. Michael Page, vicedirettore di HRW per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha dichiarato che l’assegnazione della Coppa del Mondo alla nazione dovrebbe aver fatto suonare un campanello d’allarme per la FIFA. Eppure, sembra che tutto venga ignorato in nome del profitto e del prestigio.

Richieste e responsabilità

Ambet Yuson, segretario generale della Federazione internazionale dei sindacati dell’edilizia e del legno (BWI), ha messo in evidenza che il vero bilancio delle vittime è sconosciuto, poiché nessun ente ha la capacità di documentarlo. Questa mancanza di trasparenza è preoccupante e solleva interrogativi su come la FIFA possa permettere che i Mondiali vengano organizzati in tali condizioni. La richiesta è chiara: non possiamo più tollerare che i grandi eventi sportivi vengano realizzati «sulle spalle dei lavoratori morti».

Il caso del Qatar e i precedenti

È interessante notare che l’Arabia Saudita non è nuova a queste critiche. Già durante i Mondiali del 2022 in Qatar, erano emerse segnalazioni simili riguardanti le violazioni dei diritti dei lavoratori. Infatti, le squadre di BWI e HRW sono state escluse dall’Arabia Saudita per effettuare indagini necessarie, un comportamento che non fa altro che sollevare ulteriori dubbi. E, come se non bastasse, lo scorso aprile è già stato registrato il primo decesso di un immigrato che lavorava a un sito legato ai Mondiali del 2034. Insomma, la storia sembra ripetersi.

Una prospettiva inquietante

Nicholas McGeehan, direttore fondatore di FairSquare, ha lanciato un avvertimento serio: «È quasi certo che migliaia di lavoratori direttamente collegati alla Coppa del Mondo moriranno, e questo è inaccettabile». La FIFA, in quanto ente organizzatore, ha la responsabilità di vigilare sulla costruzione degli stadi e sulle infrastrutture necessarie per ospitare la competizione. Come possiamo, noi appassionati di calcio, accettare che il nostro sport preferito sia in qualche modo legato a tale sofferenza? Dobbiamo chiedere conto di chi è al comando e non voltare le spalle a queste ingiustizie.

Riflessioni finali

In un mondo in cui il calcio è visto come una forma di intrattenimento e di unione, è fondamentale non dimenticare il costo umano che si cela dietro questi eventi. La prossima Coppa del Mondo potrebbe rappresentare un momento di celebrazione, ma non possiamo permettere che sia costruita su sofferenze e lutti. D’altronde, come molti sanno, il calcio è passione, ma non dovrebbe mai diventare un motivo di dolore per qualcuno. La speranza è che questa situazione possa cambiare, e che la FIFA e i governi coinvolti ascoltino le richieste di giustizia e responsabilità. Solo così, forse, il calcio potrà tornare a essere ciò che dovrebbe essere: un gioco per tutti, senza eccezioni.

Scritto da AiAdhubMedia

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