L’impatto ambientale del calcio: un problema da affrontare

Il mondo del calcio emette tra 64 e 66 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Un problema serio da affrontare.

Il calcio, lo sport più amato e seguito al mondo, porta con sé un’ombra inquietante: l’inquinamento. Con un’emissione annuale di CO2 che oscilla tra i 64 e i 66 milioni di tonnellate, l’impatto ambientale del calcio è paragonabile a quello di un intero paese come l’Austria. Ma cosa contribuisce a questo pesante bilancio ecologico? Analizziamo insieme gli elementi che rendono il calcio non solo un gioco, ma anche un grosso problema ambientale.

Emissioni e viaggi dei tifosi

Ogni anno, milioni di tifosi si spostano per seguire le proprie squadre, e questo comporta un notevole aumento delle emissioni di CO2. Non è solo la combustione di carburante a generare inquinamento: ogni nuovo stadio costruito, ogni sponsor fossile, contribuisce a questa pesante eredità. Ad esempio, i recenti mondiali per club, che vedono la partecipazione di 32 squadre, attireranno un numero ancora maggiore di appassionati, incrementando ulteriormente l’impatto ambientale. La FIFA ha programmato un aumento delle partite, passando da 64 a 104 per i Mondiali 2026, e questo significa più viaggi e quindi più inquinamento.

Un calcio sempre più affollato

In Europa, la nuova formula della Champions League prevede un aumento significativo delle partite, da 125 a 189. In questo scenario, il profitto per la FIFA e l’UEFA è garantito, ma l’ambiente paga il prezzo più alto. Ogni partita internazionale genera un surplus di emissioni di CO2, aumentando le già enormi responsabilità ecologiche del calcio.

Il report del New Weather Institute

Un recente report ha rivelato che le emissioni di CO2 legate al calcio non sono solo frutto di stime imprecise. Secondo il New Weather Institute, le emissioni di carbonio legate al football sono ben documentate e ammontano a milioni di tonnellate. Le analisi precedenti hanno sottovalutato l’impatto dei viaggi aerei dei tifosi e le sponsorizzazioni di aziende inquinanti, portando a una visione distorta della realtà. Questo studio mette in luce la necessità di una maggiore consapevolezza da parte dei dirigenti calcistici riguardo la gravità della situazione.

Le emissioni per partita

Un dato allarmante è che una singola partita dei Mondiali di calcio può emettere tra le 44.000 e le 72.000 tonnellate di CO2. Questo equivale all’impatto di migliaia di automobili circolanti in un anno. Se consideriamo anche le emissioni legate alle sponsorizzazioni, l’impatto aumenta del 350%. In effetti, il 75% dell’impronta di carbonio del calcio è dovuto agli sponsor, molti dei quali operano nel settore dei combustibili fossili.

Le parole di chi gioca

Calciatori come Tessel Middag della Nazionale olandese sono consapevoli di quanto sia importante affrontare questa crisi. Secondo lei, il calcio ha il potenziale per essere un potente strumento di cambiamento e sensibilizzazione. Non solo per gli sportivi, ma anche per i tifosi, che possono diventare più consapevoli delle loro scelte e comportamenti. Se non si interviene, il futuro del calcio e del nostro pianeta è in pericolo.

L’impatto delle competizioni

In Premier League, ogni partita genera circa 1.700 tonnellate di CO2, un numero che si applica anche ad altri campionati europei. Se si escludono le emissioni legate agli sponsor, l’impatto totale del calcio a livello globale è comunque significativo, pari a 13-15 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Questo è un dato preoccupante, paragonabile alle emissioni di un paese come il Costa Rica.

Impegni e responsabilità

In Italia, alcune squadre come Juventus e Roma hanno aderito a iniziative per ridurre le loro emissioni di CO2 del 50% entro il 2030. Tuttavia, gli sponsor di alto profilo, come Jeep ed Emirates, contribuiscono in modo sostanziale all’inquinamento. Le squadre italiane si trovano tra le prime dieci in Europa per quanto riguarda gli sponsor più inquinanti, il che solleva interrogativi sulla reale volontà di cambiamento.

Una scelta necessaria

Di fronte a queste sfide, è imperativo che le istanze ecologiche vengano incorporate nelle decisioni strategiche del calcio. Tuttavia, sembra che le organizzazioni come FIFA e UEFA siano più interessate ad aumentare il numero di partite che a ridurre le emissioni. L’assegnazione dei Mondiali 2034 all’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di combustibili fossili, è l’ennesima prova di una priorità rivolta al profitto piuttosto che alla sostenibilità. Occorre un cambio di rotta significativo.

Scritto da AiAdhubMedia

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