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Diciamoci la verità: il tennis italiano si trova in un momento cruciale, e le parole di Angelo Binaghi, presidente della Fitp, fanno più rumore di quanto si possa pensare. Mentre il mondo del tennis si evolve e si adatta a nuove sfide, Binaghi non ha paura di mettere in discussione il suo ruolo e quello della federazione. Se da un lato abbiamo la conferma che le Nitto Atp Finals rimarranno a Torino nel 2026, dall’altro ci sono domande scomode riguardo alla governance e alla visione futura del tennis nel nostro paese.
Un successo che impone riflessioni
La notizia dell’autorizzazione da parte delle Atp di proseguire le Finals a Torino è senza dubbio positiva, e si unisce a dati incoraggianti sulle vendite dei biglietti, che mostrano un incremento del 4,5% rispetto all’anno scorso. Ma è davvero sufficiente? Binaghi ha fatto notare che nel 2025 potrebbero scendere in campo quattro italiani, tra cui i promettenti Sinner e Musetti. Tuttavia, la semplice presenza di atleti locali non garantisce il successo del tennis italiano. La realtà è meno politically correct: il tennis è uno sport di elite e il nostro paese deve affrontare sfide significative per rimanere competitivo a livello mondiale.
Il presidente della federazione è apparso emozionato nel discutere la governance del tennis italiano e il suo desiderio di lasciare un’eredità positiva. Ma non possiamo ignorare il fatto che, mentre i risultati parlano chiaro, la visione strategica e le capacità organizzative devono evolvere. Se Binaghi sente che la sua visione non è condivisa, la domanda è: chi altro è disposto a prendere in mano le redini di una federazione che sta affrontando un bivio? È questo il momento di alzare la mano e dire la propria?
La questione della leadership
So che non è popolare dirlo, ma la leadership nel tennis italiano sembra essere sempre più sotto esame. Binaghi stesso ha affermato che se la sua visione non è accettata, è giusto che qualcun altro tenti di guidare il cambiamento. Ma chi potrebbe farlo? La realtà è che ci sono pochi nomi in circolazione con l’esperienza e la passione necessarie per affrontare un compito così arduo. È tempo di essere onesti: il tennis italiano ha bisogno di una visione audace, non solo di un cambio di facciata.
In un contesto in cui il tennis si sta globalizzando e le federazioni di altri paesi spingono per una maggiore professionalizzazione, l’Italia deve trovare un modo per rimanere rilevante. Binaghi ha menzionato che non conosce altri sistemi per valorizzare ciò che gestisce, ma è possibile che quello che ci vuole è un approccio completamente diverso, una discontinuità rispetto al passato. Dobbiamo chiederci: siamo pronti a rompere gli schemi?
La sfida del futuro
Il re è nudo, e ve lo dico io: se il tennis italiano non riesce a innovare e ad adattarsi alle nuove dinamiche, rischiamo di assistere a un lento declino. Binaghi ha ragione a pensare che questo possa essere il momento giusto per una nuova leadership, ma la vera domanda è: siamo pronti per un cambiamento radicale? In un’epoca in cui il tennis è sempre più dominato da grandi nomi e investimenti, l’Italia deve rispondere con una strategia chiara e ambiziosa.
La Commissione Tecnica della Fitp deve riflettere su come attrarre e formare nuovi talenti, ma anche su come rendere il tennis accessibile a un pubblico più ampio. Dobbiamo chiederci: vogliamo un tennis elitario o un tennis per tutti? Questa è la vera sfida che ci attende. È tempo di aprire la discussione e capire quale direzione vogliamo dare al nostro tennis.
In conclusione, l’appello di Binaghi è chiaro e forte: è tempo di riconsiderare il futuro del tennis in Italia. È ora di aprire un dibattito serio e costruttivo, che va oltre le semplici celebrazioni e mette in discussione il nostro approccio. Invitiamo tutti a riflettere su come possiamo contribuire a un cambiamento positivo e duraturo nel tennis italiano. Che ne pensi?