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Quando il 18 novembre 2024 la Kings League è approdata ufficialmente in Italia, ci si aspettava un evento che avrebbe rivoluzionato il panorama calcistico nostrano. Con un evento di lancio tenutosi al Torino Event Center, a pochi passi dallo stadio della Juventus, la competizione fondata da Gerard Piqué si è presentata con ambizioni altissime. La nomina di Zlatan Ibrahimović come presidente della lega italiana e di Claudio Marchisio come responsabile della competizione ha acceso la curiosità. Ma, personalmente, non potevo perdermi questa occasione, così ho chiesto l’accredito stampa per sedermi in prima fila, pronto a seguire ogni momento con Pierluigi Pardo che introduceva le squadre e i loro presidenti: Fedez, Er Faina, Blur, nomi noti della cultura pop italiana.
Un’atmosfera di curiosità e disillusione
Tra i battibecchi di Pierluigi Pardo e qualche momento comico, ciò che è emerso è stata una sensazione di curiosità, ma anche un velo di mistero: la Kings League Italia può davvero rappresentare un’alternativa valida al calcio tradizionale? Si realizzerà il concetto di intrattenimento calcistico attraverso questo progetto? Spoiler: no. A meno che, cari lettori, non intendiate per intrattenimento calcistico una sorta di barzelletta, dove Ibrahimović e Marchisio rivestono ruoli “istituzionali” senza un reale coinvolgimento. Nessuna presenza durante le partite, che si disputano ogni lunedì in un Fonzies Arena malandato; la prima edizione della Kings League Italia si è rivelata un set di cartone che è crollato in un battibaleno.
Un confronto con la Francia
Facciamo un confronto: mentre il Milan è in crisi di gestione e prestazioni, in Francia la lega è riuscita a nominare Mike Maignan come presidente del club 360 Nation, affiancato da Jules Koundé, Aurélien Tchouaméni, Manu Koné, Bryan Mbeumo e Senny Mayulu. Maignan ha persino calciato un “rigore presidenziale” (sì, è proprio così che si chiama nella Kings League). Questo è intrattenimento calcistico vero. Mike Maignan, considerato uno dei cinque migliori portieri al mondo nel 2023, che calcia un rigore in una competizione come la Kings League – dove anche in Francia i presidenti principali sono YouTuber e creatori di contenuti, con un pubblico target molto simile a quello italiano – rappresenta il cuore dell’intrattenimento calcistico.
Un’esperienza di match day rivelatrice
Per arrivare a queste conclusioni, così dure e realistiche, ho dovuto vivere un match day della Kings League. Volevo capire come si sarebbero svolti sei ore al Fonzies Arena, seguendo ogni partita programmata anziché semplicemente lasciarle andare in sottofondo su Twitch. Così ho richiesto l’accredito per la terza giornata di campionato. Da notare, ero presente il giorno del debutto di Radja Nainggolan per la Ceasar FC, il team gestito da Damiano Er Faina e En3rix. Era anche il giorno in cui Fedez ha calciato il rigore presidenziale, celebrato in campo con la foto di squadra assieme al suo cane, Silvio. Insomma, tutti gli ingredienti per sei ore di intrattenimento erano pronti. Ma queste sei ore si sono rivelate un loop noioso e mal ritmato. Questo mette in luce uno dei tanti problemi della Kings League: è solo un campo da calcio trasformato in un set televisivo, o la federazione aspira realmente a una rilevanza fisica?
Il senso di disinteresse del pubblico
In questo contesto, sorgono spontanee alcune domande: perché un fan della Kings League dovrebbe voler assistere a queste partite di persona? In un luogo fatiscente dove la fila del bar si sovrappone a quella dell’ingresso, dove non c’è nemmeno intrattenimento tra una partita e l’altra. Ma soprattutto: come dovrebbe la Kings League Italia avvicinare i giovani al calcio? E come possono sviluppare una vera passione per lo sport attraverso la Kings League? Pochissime cose nella mia vita sono state noiose come le lamentele costanti di Bomber Picci durante la partita a cui ho assistito – il presunto eroe della lega, incarnazione di tutti i cliché dei bomber di provincia (da noi li chiamiamo “Bomber”).
Una narrazione nostalgica e obsoleta
Questa figura stereotipata è indissolubilmente legata al calcio dilettantistico italiano, dal quale non riusciamo a liberarci. E purtroppo, ritorna nella narrazione della Kings League, o per meglio dire, nella sua farsa. In meno di un’ora di gioco, Bomber Picci è riuscito a farmi rivivere l’atmosfera tossica del calcio di base. Mi ha riportato indietro a quando ho deciso di smettere di giocare, più di dieci anni fa, a sedici anni. Già allora, i genitori urlavano dagli spalti, sempre pronti a difendere i propri figli con lamentele di basso livello verso l’allenatore o l’arbitro – era davvero triste, fastidioso. Il provincialismo nella sua forma più pura.
Un sistema stellare poco ispirato
A questo punto, diventa chiaro come l’obiettivo dichiarato della Kings League di conquistare un nuovo pubblico giovane perda credibilità. Il “bomber” è un stereotipo chiaramente superato, eppure resta centrale nella versione italiana del torneo. Ci sono poi le leggende – ex giocatori di Serie A che hanno partecipato alla prima edizione della Kings League Italia: Jacopo Sala, Ciccio Caputo, Emiliano Viviano e Radja Nainggolan. Invece di riscaldarsi per la partita, hanno scelto di svapare una sigaretta elettronica a bordo campo. Questi sono giocatori di un’altra generazione, privi di potere mediatico, tranne forse Nainggolan – e più per le sue controversie fuori dal campo che per meriti sportivi, come il suo arresto per traffico di droga avvenuto solo poche settimane prima del suo debutto in campionato.
Una proposta che lascia a desiderare
È una narrazione calcistica che cade nuovamente nella nostalgia, rivelando come questo sport abbia pubblici diversi, frammentati e disgiunti. Che, per chiarire, è anche parte del suo fascino. Tuttavia, in questo mix, il pubblico della generazione più giovane – quello che la Kings League dovrebbe cercare di attrarre – sembra contare molto meno rispetto agli altri. E qui si chiude il cerchio: perché non dovremmo confrontare la Kings League Italia con la versione francese? Come si può credere che stiano perseguendo lo stesso obiettivo quando da una parte ci sono Tchouaméni e Koundé e dall’altra Caputo e Nainggolan? Come si può pensare che due coetanei, uno in Francia e uno in Italia, possano essere coinvolti allo stesso modo da questi giocatori? Dimostra chiaramente la debolezza e la mancanza di ispirazione del sistema stellare italiano, privo di carisma, con zero appeal, come si suol dire. Dall’altra parte, dimostra che in Francia esiste un sistema stellare vibrante ed in evoluzione – uno che include giocatori forti e realmente cool come Jules Koundé.
Un debutto incoerente e deludente
Va ammesso che la Kings League Italia ha almeno mantenuto una coerenza: ha abbandonato qualsiasi ambizione di apparire cool o esteticamente curata fin dall’inizio. Le divise sono noiose, i giocatori coinvolti non sono affatto icone, e l’e-commerce del sito riflette la stessa indifferenza: considerando il potenziale massiccio della comunità portata dai presidenti creatori, è quasi surreale vedere una linea di merchandising così potenzialmente commerciabile risultare così graficamente piatta – progettata come se provenisse da una merceria di provincia. La Kings League Italia, nella sua prima edizione, è stata brutta ma, soprattutto, incoerente e con difetti sistemici – ma quanti se ne sono accorti realmente?
Oggi, la Kings League Italia è dolorosamente lontana dall’idea utopica di intrattenimento calcistico. E più importante ancora, speriamo che le generazioni più giovani non la prendano come esempio – perché in tal caso possiamo essere certi che il pubblico del calcio diminuirà drasticamente, dal momento che la Kings League Italia non è né calcio reale né vero intrattenimento.